IL CAFFE’ CONNESSO

L’atelier si configura come un luogo informale e aperto in cui le collaborazioni ruotano intorno al caffè: ci si incontra, si parla, si scherza (la maggior parte del tempo), si è convinti di abbandonarsi al cazzeggio. Alla fine, invece, esce fuori il progetto: forse è il metodo paranoico-critico applicato ai nostri temi progettuali, forse è un metodo ironico-neo-dadaista (come direbbe il prof. Tommaso Brasiliano, uno dei miei curatori), forse non è un metodo ma è uno stile di vita. Ad ogni modo eccola lì l’idea, esce fuori (a volte meglio altre peggio) dopo un incontro con le persone che lavorano con l’atelier e che nella loro vita fanno anche altro: sono architetti, artisti, amanti della materia, tecnici, ingegneri, studenti. Ma sono tutti creativi. Ci si incontra per fare colazione insieme oppure semplicemente una pausa. In quella pausa emerge la vita di ognuno di noi e questa vita, infine, si riversa su quello che facciamo. Poi ognuno va a casa o nel proprio ufficio a svolgere il proprio compito, “a distanza” o se preferite “in smart-working”. Al prossimo caffè si deciderà come proseguire.