ALESSIO PATALOCCO ATELIER

” Noi non siamo più abituati allo stupore; io credo che quello che c’è dietro l’architettura dello studio Patalocco (voglio ricordare che il suo lavoro non è frutto di un solo autore ma di una équipe che contiene tante professionalità) punti a questa antica, contemporanea e bella sensazione: all’effetto che questa architettura può fare all’utilizzatore o anche al semplice visitatore che la attraversa. Dicevo, appunto, lo stupore: siamo veramente disabituati a stupirci perché in fondo non ci stupiamo più di niente o, meglio, non ci piace più “stupirci” perché abbiamo forse paura dello stupore! Le sue architetture invece, non so quanto consapevolmente, puntano a questo aspetto e rendono la sua arte particolarmente affascinante. Alessio Patalocco non lo dice soltanto nel momento in cui si oppone all'”omologazione”, a questa forma di “banalità corrente”, una sorta di “stili” che si inseguono e che in definitiva non sono proprio stili ma più che altro delle ripetizioni pedisseque, una sorta di “taglia e incolla”, di diverse immagini. Alessio Patalocco lo fa anche. Lo fa nel momento in cui cerca di introdurre all’interno del suo ragionamento qualcosa che è sempre legato all’emozione che il fruitore può avere guardando un suo allestimento esterno o una sua architettura all’interno di un complesso dismesso che magari riprende vita attraverso un nuovo involucro dentro l’involucro. Questo è il punto di partenza di un ragionamento molto più ampio perché nasce da una ricerca e una sua attitudine al confronto con la storia che è un po’ la sua passione, segreta o manifesta che sia…”

Alfredo Passeri